PER GORIZIA OGNUN SI PARTì

Alle spalle di Monfalcone, giacciono addormentati i resti di una città parallela, sorta sui primi spalloni del Carso goriziano fra il giugno 1915 e l’agosto 1916. Baracche e gallerie a ridosso della prima linea che non riusciva a muoversi oltre le posizioni raggiunte dagli italiani nei primi giorni di guerra.
Seguo i sentieri del Parco Tematico della Grande Guerra in un bosco folto di vegetazione. Mi sono allontanato dagli altri per ascoltare il flebile racconto delle pietre. Nel Valloncello degli Aceri, che sale a Quota 104, si scorgono neri monconi di muro e le occhiaie di caverne oggi vuote e che allora brulicavano di vita, sebbene distassero dalla trincea austriaca si e no trecento metri: riservette, ricoveri, comandi e posti di medicazione. Mi siedo su un sasso ad ascoltare il silenzio. Anche gli uccelli sembrano azzittiti. Pare di sentire il brusio di migliaia di uomini sparsi qui intorno, il tintinnare dell’acciaio contro l’acciaio, il lamento di un agonizzante, il battere ritmico del piccone e della gravina intenti ad approfondire la trincea, il nitrito di un mulo e la bestemmia del conducente. Gli spari oggi sono radi e lontani. Una granata sibila ed esplode là in fondo, verso il Tamburo.

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