LA VALLE DI PRIMIERO E IL SUO BURRO DI MALGA /2

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Sono le quattro del mattino. Il cielo è ancora nero. Piccoli rumori furtivi mi avvertono che Dimitri e la sua famiglia sono già in movimento. Sono loro ospite a Malga Fossernica di Fuori per condividere uno scampolo della vita di chi produce il burro d’alpeggio come si faceva un tempo e come si è ricominciato a fare da qualche anno nelle valli di Primiero e Vanoi. Lontano, ovattato, il generatore di corrente comincia a ronzare. Qualche minuto ancora e Dimitri accenderà la luce per darmi il buongiorno. Comincia un’altra giornata che non si fermerà fino a notte.
Alle sei arriva Biagio con la Land Rover. È partito un’ora fa da Canal San Bovo, mille metri più in basso, un tornante dopo l’altro di strada bianca nel bosco. Come tutti i giorni, viene a prendere il latte per il caseificio e c’è il tempo di scambiare due chiacchiere sulle novità in valle, sul tempo e sulla salute delle vacche. Se l’argomento non c’è, lo si cerca perché quassù a tenere rapporti stretti con tutti c’è solo da guadagnarci.
Intanto le vacche sono state munte e le loro poste pulite; lentamente escono nel “campigolo”, il prato sotto casa. Qui intorno l’erba è pregiata: ci sono l’arnica, l’iperico maculato, il timo selvatico e un’altra quarantina di specie vegetali, tra graminacee, leguminose ed essenze che donano al burro profumi particolari e qualità organolettiche ineguagliabili. Oggi è giorno di burrificazione…

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LA VALLE DI PRIMIERO E IL SUO BURRO DI MALGA /1

_MG_0469Bòn come ‘l Botìro de Primiero”, dicevano i veneziani, quando la Serenissima faceva il bello e il cattivo tempo, per significare che qualcosa era straordinariamente buono e per almeno due secoli il Botìro di Primiero fu il burro favorito a Venezia “per la sua qualità e la singolarità che ha di conservarsi persino un anno intiero”.
Nella città lagunare, il Botìro giungeva una sola volta all’anno al “palo delle pubbliche Rive di Rialto”, dove l’arte dei gallineri-butirranti lo ripartiva tra le 248 botteghe della città.
Ancora nel 1864, i viaggiatori inglesi Gilbert e Churchill annotavano che “il burro di Primiero è famoso e confezionato in modo così egregio che direste possa conservarsi per almeno un anno e viene esportato a Verona e a Venezia”.

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ALLA GRAN FESTA DEL DESMONTEGAR DEL PRIMIERO

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Anche quest’anno l’estate è finita. Lo dicono il calendario e il contrarsi del giorno mentre le notti si allungano. Ce lo ricorda anche la Gran Festa del Desmontegar del Primiero, in provincia di Trento, che occupa l’ultimo fine settimana di settembre.
Per il 16° anno, la parata conclusiva della domenica ha attraversato i paesi di Siror, Fiera di Primiero, Transacqua e Tonadico, mettendo in scena il rientro in valle delle mandrie dopo l’alpeggio estivo in malga. Bande musicali, finanzieri a cavallo, schützen, costumi tradizionali, vecchi mestieri, carrozze, vacche, capre, asini, cavalli, qualche coniglietto infrattato in fondo alla gabbia, bambini e tanti, tanti sorrisi.
Un falso storico, se vogliamo, perché in passato il ritorno a casa dopo l’estate in malga avveniva alla spicciolata e con la sosta di un paio di mesi nei masi di mezza costa a consumare l’ultima erba del prato prima di dare fondo alle riserve di fieno. Un falso storico, tuttavia, che racchiude grandi verità se si considera il successo di partecipazione e di pubblico. E risponde a un bisogno fortissimo di identità e di socialità.

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PER GORIZIA OGNUN SI PARTì

Alle spalle di Monfalcone, giacciono addormentati i resti di una città parallela, sorta sui primi spalloni del Carso goriziano fra il giugno 1915 e l’agosto 1916. Baracche e gallerie a ridosso della prima linea che non riusciva a muoversi oltre le posizioni raggiunte dagli italiani nei primi giorni di guerra.
Seguo i sentieri del Parco Tematico della Grande Guerra in un bosco folto di vegetazione. Mi sono allontanato dagli altri per ascoltare il flebile racconto delle pietre. Nel Valloncello degli Aceri, che sale a Quota 104, si scorgono neri monconi di muro e le occhiaie di caverne oggi vuote e che allora brulicavano di vita, sebbene distassero dalla trincea austriaca si e no trecento metri: riservette, ricoveri, comandi e posti di medicazione. Mi siedo su un sasso ad ascoltare il silenzio. Anche gli uccelli sembrano azzittiti. Pare di sentire il brusio di migliaia di uomini sparsi qui intorno, il tintinnare dell’acciaio contro l’acciaio, il lamento di un agonizzante, il battere ritmico del piccone e della gravina intenti ad approfondire la trincea, il nitrito di un mulo e la bestemmia del conducente. Gli spari oggi sono radi e lontani. Una granata sibila ed esplode là in fondo, verso il Tamburo.

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SIROR: PAESE DI FIABE

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Milletrecento anime raccolte all’ombra del Sass Maor. Quasi non ti accorgi che ci passi accanto, sulla strada che porta a Passo Rolle. Sarà che il naso è incollato lassù, sulle cime; o forse non ti aspetti che non sia tutta una cittadina quella che attraversi dopo essere entrato in Fiera di Primiero. E invece passi ben tre comuni dopo quello di Fiera: Transacqua, Tonadico e Siror, che un tempo erano comunità separate, sebbene molto vicine fra loro.
Ero stato a Siror per la Desmontegada di Settembre, quando si svuotano le malghe in altura e le mandrie tornano a valle, e ci ero tornato un’altra volta, di fretta, a cercare la macelleria Bonelli e la “carne fumada”, ma solo ieri ho avuto occhi per scoprire che le sue vie sono una vera e propria galleria di affreschi popolari, antichi e moderni. Di affreschi e bassorilievi che raccontano le leggende della valle e l’incanto che lega l’uomo alla terra, all’acqua, al fuoco, all’aria.

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